Twitter non esiste più, viva Twitter

Sara C. Santoriello
6 min readNov 17, 2024

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Quella della piattaforma X (ex Twitter) è stata una parabola che ha stravolto la percezione dei suoi utenti: da macchina della viralità durante le Primavere Arabe ad azienda multimilionaria assoggettata alla volontà del suo padrone, Elon Musk. Uno sguardo al social media di prima generazione che ha influenzato la politica e i movimenti sociali negli ultimi quindici anni. Scritto nel novembre 2023 per la Rivista Emma.

Fonte: Unsplash

Il rebrand ha rappresentato una liberazione da Twitter”, dice Linda Yaccarino, CEO di X. Con l’acquisizione milionaria, l’uccellino blu ha spiccato il volo. Il social network del pensiero breve si sta trasformando in un servizio integrato tra comunicazione e fintech senza che nessuno dei suoi utenti sia mai stato interpellato. Funziona così quando cambiano i vertici delle aziende. L’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk ha comportato diversi cambiamenti: l’aumento dei caratteri, le spunte blu a pagamento, la spinta artificiale per conferire priorità ai suoi post, la gestione poco trasparente della moderazione dei contenuti ritenuti problematici e, in ultimo, la trasformazione in “X” con l’addio all’iconico simbolo. Durante la transizione, la versione desktop aveva persino adottato le sembianze di uno shiba inu giapponese, il meme e logo di Dogecoin, definita dall’AD di Tesla “la criptovaluta del popolo”.

Non è mai stata una piattaforma pubblica, eppure

All’indomani del #Jan25 egiziano del 2011, il ruolo dei social media venne enfatizzato per l’opportunità di mobilitazione che permise a centinaia di migliaia di persone di venire a conoscenza degli eventi e raggiungere le piazze, sebbene il numero degli iscritti a Twitter e Facebook fosse all’epoca molto basso. Il racconto delle proteste di quelle che furono definite le “Primavere Arabe”, con foto, video e contatti tra testimoni, riuscì a toccare le corde emozionali che muovono il funzionamento delle piattaforme, oltre a fungere da diretto contraltare alla narrazione di stato diffusa attraverso la televisione.

Twitter ha consolidato questa reputazione di community supporter in occasione di eventi come Occupy Wall Street, dove il flusso di discussione originava dagli hashtag (Meta rimuoverà la funzione segui a dicembre 2024, ndr.). Questa peculiarità ha contribuito a conformare la percezione ambigua che cittadine e cittadini hanno dello spazio pubblico, in cui sembra che la “pubblicità” aumenti quando più visioni possono competere per l’attenzione, senza dover affrontare la questione della proprietà del mezzo di comunicazione.

A quel tempo, Twitter era una versione pubblica di Facebook perché concedeva una diffusione istantanea e capillare dei contenuti, non restringendoli alla cerchia delle amicizie. Gli stessi co-fondatori Jack Dorsey (ora founder di BlueSky) e Evan Williams erano convinti che quel fascino derivasse dal suo essere semplice, accessibile e apparentemente frivolo (letteralmente “una breve esplosione di chiacchiere”), insomma l’erede dell’Sms in termini di sforzo e tempo utile alla trasmissione di un messaggio. Ciononostante, un social media votato alla trasmissione multicanale incoraggia l’accumulazione di sostenitori (followers), talvolta sconosciuti, tra coloro a cui viene riconosciuta autorevolezza. Come chiarisce Dhiraj Murthy — docente presso la School of Journalism and Media (Università del Texas), nonché autore dell’omonimo libro — Twitter non è un mezzo “rivoluzionario”, ma uno strumento innovativo inserito nel filone dei servizi pubblici di messaggistica breve, spesso associato al Notificator degli anni ’30 o alla forma più simile del “villaggio globale” di Marshall McLuhan, senza però dimenticare il suo essere al contempo un “mercato” di esposizione di idee, merci e personalità.

Stando al Digital Service Act (DSA), Twitter rientrava tra le VLOP (Very Large Online Platforms — con più di 45mln di utenti attivi al mese in UE) a febbraio 2023 e ha dovuto chiarire i propri termini di servizio per adottare sistemi trasparenti di monitoraggio su pubblicità, moderazione dei contenuti e algoritmi di raccomandazione, e per valutare sia gli impatti sociali del servizio offerto che i rischi connessi a contenuti illegali, diritti fondamentali e sicurezza.

Il margine di discrezionalità sul coinvolgimento della “comunità iscritta” dipende dalla volontà dei proprietari di ciascuna piattaforma, anche per quelle questioni che più comunemente rientrerebbero nella destinazione d’uso. La piattaforma, e il suo ruolo nella sfera pubblica, segue la direzione stabilita dal suo vertice e non è prevista alcuna modalità di reclamo. Si verifica un rapporto di subordinazione tra proprietà e utilizzo, che può interrompersi in qualsiasi momento. La “spunta blu”, per esempio, un tempo elemento di rassicurazione sulla tipologia di interlocutore (autentico, noto e attivo) e sulla sua veridicità, in risposta al dispiegamento di bots, è diventata simbolo di affermazione di status in base all’opportunità di sottoscrivere un abbonamento X Blue — dietro pagamento di un corrispettivo mensile — conforme a criteri di idoneità decisi dalla governance, che può comunque revocarla senza preavviso. Gli utenti che hanno generato valore negli anni, raccogliendo visibilità e migliaia di followers, investendo tempo ed energie, talvolta anche denaro, oggi iniziano a chiedersi se abbia senso continuare a scrivere e ad alimentare una piattaforma percepita come pubblica ma che, invece, non lo è. L’immaginario che associa il social media a un bene comune si scontra con una realtà sempre più concreta: se Musk volesse, infatti, X diventerebbe a pagamento anche nelle sue funzioni di base.

“L’uccellino è ora libero”

La cessione e i licenziamenti del personale da 8.000 a 1.500 unità (soprattutto impegnato nella revisione etica dell’IA), con il conseguente danno di immagine che aveva scoraggiato gli inserzionisti (quantificato in una perdita del 59% degli introiti pubblicitari rispetto al 2022), avevano scatenato una diaspora da Twitter al fediverso (sistema decentralizzato di server indipendenti, su cui sono ospitati spazi digitali basati su software open source), soprattutto verso una delle sue piattaforme più note, Mastodon, che tuttavia è durata ben poco. Il trasferimento non ha funzionato a causa del fenomeno della path dependency, che manifesta un attaccamento alla piattaforma dovuto allo storico accumulato, ai servizi offerti, al pubblico raggiunto e a un’inerzia sociale che va tutta a vantaggio dell’azienda perché rinforza la sua posizione. Ricominciare da capo, o tentare di convertire quel valore altrove, non sembra convenire.

Musk si pone come il difensore della comunicazione decentrata, ovvero libera di informare senza establishment bias. Sul tema, va inoltre osservato che è stata affidata alle Big Tech la gestione dei flussi di comunicazione in tempo di guerra e il potere di influenza di chi conduce il gioco comporta cambiamenti rilevanti per l’esperienza dell’utente.

Prossimamente torneranno, come già annunciato, gli spot elettorali di candidati e partiti in vista delle elezioni presidenziali 2024, fermi dal 2019 dopo l’accusa di aver favorito la diffusione di fake news. In seguito all’abbandono di X del Codice di Condotta europeo sulla disinformazione (ora rinforzato in combinato disposto con il DSA, prevedendo sanzioni per le piattaforme che non ostacolano i contenuti disinformativi o deepfake), la nuova policy voluta da Musk ha rimosso le etichette informative sull’affiliazione governativa degli account, prima in evidenza sui profili identificati come non indipendenti. La decisione ha consentito a diverse fonti di propaganda di pubblicare notizie in maniera indiscriminata, di raggiungere così livelli di engagement ancor più elevati e, se iscritti al servizio premium, di ricevere “una posizione prioritaria nelle conversazioni”.

Se a cambiare è sia il nome che l’icona, gli utenti appartenenti a qualsiasi livello di “anzianità” e “popolarità” sono portati a riflettere sull’invadenza di una proprietà altrui nel proprio dispositivo, soprattutto ora che “X” è “Formerly Twitter”. Non che prima fosse un social media pubblico.

[Agg. novembre 2024: a seguito delle Presidenziali del 5 novembre (sostegno di Musk a Trump → vittoria di Trump → incarico di governo a Musk), stiamo assistendo a una migrazione degli utenti verso i principali perfetti sostituti di X: BlueSky, Threads (Meta) e Mastodon. Per Meta potrebbe significare raggiungere un lock-in orizzontale]

Per saperne di più:

Bonini, T. & Niessen, B., Perché abbiamo deciso di abbandonare Twitter, “Che-Fare?”, 29 marzo 2023.
Commissione europea, DSA: Piattaforme online molto grandi e motori di ricerca, “Plasmare il futuro digitale”, 25 aprile 2023.
Gerbaudo, P., Tweets and the streets: Social media and contemporary activism, Pluto Press, 2012.
Goswami, R., X CEO Linda Yaccarino explains reason for getting rid of Twitter name, “CNBC”, 10 agosto 2023.
Mazzucato, M., Il valore di tutto: chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale, Editori Laterza, 2018.
Murthy, D., Twitter, Cambridge: Polity Press, 2018.
Musella, F. & Nunziata, F., La metamorfosi del potere di Elon Musk. L’ascesa dei business leader nella nuova politica globale, in “Comunicazione politica, Quadrimestrale dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica” 2/2023, pp. 319–337.
Parmelee, J. H. & Bichard, S. L., Politics and the Twitter Revolution : How Tweets Influence the Relationship Between Political Leaders and the Public, Lexington Books, 2012.
Paul, K., Twitter allows US political candidates and parties to advertise in policy switch, “The Guardian”, 30 agosto 2023.
Reuters, Twitter drops ‘government-funded’ label on media accounts, including in China, 21 aprile 2023.
Rohlinger, D. A. & Sobieraj, S., The Oxford Handbook of Digital Media Sociology, Oxford University Press, 2020.
Salem, S., “Creating Spaces for Dissent. The Role of Social Media in the 2011 Egyptian Revolution”, in Trottier, D. & Fuchs, C., Social media, politics and the state: Protests, revolutions, riots, crime and policing in the age of Facebook, Twitter and YouTube, Routledge, 2014.

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Written by Sara C. Santoriello

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