Oltre il vetro di una finestra e quel che trovammo
Alice pensava a sei cose impossibili prima di fare colazione e questo era il suo modo di affrontare la giornata. Che lusso fare astrazioni! Da un mese l’unica cosa a cui penso al mattino è come sarà spalancare le porte “quel giorno”.
Immagino centinaia di persone che si riversano in strada e iniziano a sgranchirsi le gambe, a correre lungo i viali, a ballare, mentre in sottofondo tv e cellulari mandano in onda le direttive sulle precauzioni. Che voglia di socialità e di cambiare argomento. Un comune destino per chiunque livella i piani: l’impossibile sembra immaginare cosa ci attende al di là della finestra.
Il COVID-19 ha annientato il dibattito, ma non ha cancellato le disuguaglianze. L’emergenza catalizza l’attenzione e sopprime l’esigenza. Quanto violento può essere non avere voce in capitolo in un momento così difficile? Al di là della finestra c’è l’angoscia e lo sconforto, c’è una sete di diritti che toglie il sonno. Una pioggia di decreti sta irrigando campi incolti. Le istituzioni pubbliche arrancano, mentre il suono delle ambulanze scandisce i tempi di un’altra giornata. In emergenza funziona così, non esiste democrazia e a nulla servono gli appelli, perché la politica dell’urgenza batte il confronto sul tempo. Infine, quel fastidioso rintocco delle 18 accompagnato dal bollettino dei morti, che subiamo come un proiettile invisibile perché, in fin dei conti, nessuno è immune. Oggi dobbiamo restare a casa, domani affronteremo tutti questi problemi.
E invece no! Vanno affrontati oggi per aiutare le persone.
Il contraddittorio proviamo ad offrirlo a chi sta soffrendo, a chi aspetta i buoni spesa, alle famiglie che non sanno come pagare l’affitto, ai precari con partita IVA, a chi cercava lavoro e a chi convive con la consapevolezza di averlo perso, ai cassieri dei supermercati, ai senzatetto in strada, agli operai delle fabbriche in balia degli imperativi della produzione, alle vittime di violenza domestica, a chi ha bisogno di conforto per combattere la solitudine. Poi c’è il personale sanitario, i medici e gli infermieri, a cui dobbiamo chiedere “scusa” per gli straordinari e la fatica di dover lavorare privi di tutele. E pensare che anche la salute psichica va tutelata e la pressione che stiamo accumulando avrà ripercussioni sul modo in cui affronteremo “quel giorno”, quando arriverà. E quel giorno faremo i conti anche con chi sta inquinando l’informazione per il proprio tornaconto personale, impedendo alle persone di farsi un’idea chiara dei fatti.
Quante storie non riescono ad oltrepassare la finestra. Senza farci illusioni, sappiamo che non tornerà tutto come prima. Un giorno diremo: “Ci è voluto il Coronavirus per capire che la salute è un diritto fondamentale degli esseri umani”. Viviamo una situazione diversa con gli stessi drammi di sempre e un nemico invisibile, ma ci dicono che neanche stavolta i tempi sono maturi per parlare di patrimoniale e tassazione progressiva. C’è bisogno di una politica che impari a prendere coscienza di ciò di cui hanno già coscienza gli oppressi, che faccia sentire il calore della presenza di un collettivo attorno a noi.