Lenù, Lila e Parthenope. Tre modelli di intelligenza

Sara C. Santoriello
4 min readOct 24, 2024

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“L’Amica Geniale” e “Parthenope” sono ritratti. Elena Ferrante e Paolo Sorrentino dipingono sulla tavola bianca del sapere e della conoscenza i profili di tre donne de coleurs vives, brillanti e in costante lotta per l’affermazione.

Lenù, Lila e Parthenope

La proiezione di Parthenope a mezzanotte è arrivata a fine settembre, periodo in cui ero nel pieno delle letture de “L’Amica Geniale”. Entrambe le storie sono ambientate a Napoli, città sacrilega per le menti eccedenti che ospita nella seconda metà del XXI secolo. A noi vengono raccontate mezzo secolo più tardi e a ritroso. È un momento storico in cui sembra innecessario specificarne gli attributi, neanche ci importa se siano esistite o meno.

Nel Cortile delle Statue dell’Università di Napoli “Federico II” sono esposte le personalità eccelse che hanno attraversato l’accademia e si sono prodigate, esame dopo esame, per ottenere il titolo e affermarsi nel panorama culturale locale e internazionale. “Una sorta di pantheon degli uomini illustri, simboli senza tempo della cultura napoletana” si legge — proprio così, gli uomini. Sulla scena dell’immaginario e della rappresentazione compaiono tre ragazze che fanno affidamento soltanto sulla propria intelligenza, storicamente espropriate dai luoghi della conoscenza. Proprio come la città di Napoli, della bellezza non sapevano che farsene.

Elena Ferrante ha vinto un importante riconoscimento pochi mesi fa e neanche l’abbiamo mai vista. “L’Amica Geniale” è stato definito il libro del secolo dal New York Times ancor prima di giungere al suo quarto. Nel titolo ha riassunto il rapporto di costante tensione tra due personalità contraddistinte dal genio. Lenù è la diligenza, il rigore, la grafia che segue perfettamente le linee del rigo senza sbavature. Lila è l’acume, il moto interiore, la repulsione per le ingiustizie e pure la cazzimma. Sebbene siano l’una l’opposto dell’altra, hanno entrambe prestato il volto all’intelligenza, dove la lode del titolo si accompagna a una capacità critica di affrontare il ricatto morale.

In tutte le fasi della crescita si sono fatte forza da sole, sospinte dalle esperienze, talvolta traumatiche, in un vortice di complicità e competizione. L’oggetto del desiderio è stato, durante l’intero corso della vita, l’affermazione della conoscenza come bene più prezioso in loro possesso. Entrambe esprimevano, dimostrando di esserne certe fin da bambine, la volontà di non assomigliare alle proprie madri e la paura di imbrigliarsi in rapporti che avrebbero ostacolato quella forza d’animo così dirompente. Pagina dopo pagina, letture e confronti senza fiato hanno contribuito al percorso di crescita e di autocoscienza di ciascuna.

Parthenope è la consapevolezza e l’intelligenza emotiva. “Era già tutto previsto”, come il canto disperato di Cocciante. «Sin dall’inizio il personaggio principale del film è sempre stata una donna. Ci sono diverse motivazioni per questa scelta: da un lato volevo raccontare come Parthenope vada alla ricerca della propria libertà e trovo che in questo momento sia più interessante mostrare questo percorso compiuto da una donna che non da un uomo; mentre dall’altro mi interessava costruire un racconto epico moderno che non avesse al centro un eroe bensì un’eroina. Tra gli ingredienti del racconto epico c’è anche la guerra e oggi la vera guerra è quella interiore che sta combattendo la donna e non l’uomo. C’è poi da dire che il rapporto con il tempo, con gli appuntamenti, della vita che ci cambiano, le donne lo affrontano sempre mentre gli uomini — spesso viziati dall’infantilismo — finiscono per evitarlo» — ha raccontato Sorrentino, pur mostrando la protagonista, devo dirlo, avvolta in un mai velato sguardo maschile.

«A cosa stai pensando?» le chiedono. E l’epilogo arriva lentissimo, fino agli ultimi istanti della pellicola, perché la mente di Parthenope non è concentrata sul momento presente. Sta viaggiando verso mondi e direzioni opposte, in cerca della risposta perfetta («La domanda è un’altra comandante: se io avessi quarant’anni di più lei mi sposerebbe?»). Gli uomini che ha rifiutato la incriminano di non essere intelligente, di non godersi il momento. Ma il momento è un tempo fugace e potrebbe non soddisfarla. «Il desiderio è un mistero e il sesso è il suo funerale» — dice Parthenope. Infine, il tempo su cui si concentra la differenza e l’affermazione di sé, infrangendosi spesso nella carriera accademica: «La maternità ti ha inseguito per tutta la vita». O l’uno o l’altro, godere di entrambe è ancora per poche. Oppure accompagnarsi al dubbio di non volerne fruire.

Ci aveva già pensato Brunori Sas a confermare quanto sta accadendo sotto gli occhi di tuttə. “La ghigliottina” è dedicata a lui, il grande assente, il maschio etero bianco. L’uomo misura di tutte le cose ha perso centralità e si sta dedicando ad altro tra “ricatti morali e colpe ancestrali”. Vorrebbe far ricorso al passato, al tempo in cui ogni sua certezza era ben salda sulla colonna; in cui ogni altro poteva essere preso e sopraffatto. Invece, la messa in discussione delle credenze e del privilegio si sbriciolano dinanzi a una capacità di fare che, anche quando apparentemente inconsapevole, si dimostra forgiata, in altre parole motivata. Queste tre ragazze devono essere già esistite e ce ne stiamo accorgendo.

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Written by Sara C. Santoriello

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