Bridget Jones o diario di unə single a Capodanno

Sara C. Santoriello
4 min readJan 2, 2024

“Il diario di Bridget Jones” fu un grande successo all’inizio del Nuovo Millennio. Bridget piacque perché era una di noi: una sfigata che merita il lieto fine. Richard Curtis, già noto per aver scritto le storie di svariati titoli esilaranti della commedia inglese (altro che British humor) e affezionato alle festività natalizie (con “Love Actually” pietra miliare), ha celebrato il giorno in cui tutto inizia a partire dall’omonimo romanzo di Helen Fielding, diretto da Sharon Maguire.

Bridget Jones la sera del 1 gennaio 2001

«Allora come va la vita amorosa?» è la domanda più odiata dallə single di tutto il mondo. La sera del 1 gennaio 2001, all’età di 32 anni, Bridget Jones decide che la sua vita necessita di un cambio di passo. Inizia ad appuntarsi su un diario ciò che associa alla sua infelicità. Le ansie, la routine, l’assenza di un uomo, una famiglia disastrata, la sua forma fisica. L’intero soggetto si basa sul curioso caso di una donna formosa e svampita che si ritrova all’improvviso ad essere contesa da due uomini affascinanti e facoltosi. Altolà body shaming! Negli anni della moda proibitiva dei pantaloni a vita bassa e dell’ossessione della taglia 38, Bridget Jones è stata un’icona dell’essere in carne — qualsiasi cosa voglia dire (una ricostruzione del dibattito che ci fu alla sua uscita su Glamour).

Sarà che l’adolescenza tramonta quando svanisce la magia delle feste. Da quel momento in poi, Natale e convenevoli sono il momento in cui rivedi le persone che beatamente eviti per il resto dell’anno. Mentre tua madre ti ricorda la sua giurisdizione sulla tua aurea («Non troverai mai un uomo se ti vesti come una scappata da Auschwitz» — dice la madre di Bridget e la mia risponde «Sono io») e il resto della famiglia vanta successi in nascite e convivenze, tu-in-età-da-marito, nella mise di inadeguatezza e sbronza della sera prima, sorridi e speri che l’udienza venga rimandata all’anno prossimo. Come dice la signora nel film, «voi ragazze in carriera, non è che si può rimandare per sempre». Anche se è sconfortante il racconto di una giovane tormentata dalle aspettative sociali sul ticchettio dell’orologio biologico, Bridget è sorella gemella di altrettante storie più recenti come “Odio il Natale”, che confermano quanto le feste siano ancora, a distanza di decenni, un palcoscenico per l’affermazione di status.

A cena con alcune coppie felicemente sposate e futuri nascituri in grembo, un commensale chiede a Bridget come sia possibile che ci siano così tante ragazze single over 30 («Donne molto appetibili. Eppure sembra che non riescano a tenersi un uomo»). Il film è sul pezzo in tema gravidanze, in linea con quanto ha affermato la senatrice di FdI Lavinia Mennuni: «Dobbiamo ricordare alle nostre figlie che la loro massima aspirazione e missione è quella di diventare mamme. Per le 18enni deve diventare cool sposarsi e fare figli». Trovo che sia atroce. Come direbbe Virginia Woolf, uccidere l’angelo del focolare è legittima difesa.

Bridget si imbarazza, scherza («Probabilmente crea qualche problema il fatto che sotto la gonna abbiamo un grosso paio di cesoie»). Non menziona la sua carriera (apparentemente non problematica, considerato che vive da sola in un monolocale a Londra nell’epoca pre-AirBnB) e neanche la difende. D’altronde, guarire l’angoscia dellə altrə per la sua apparente “solitudine” è l’unica priorità all’orizzonte. Quando scocca l’ora del biasimo non meriti sconti, neanche dallə amichə. Dall’alto degli amori one-shot, in coro dovranno ricordarti che la fortuna non ti sfiora. Sola puoi esserlo anche con qualcunə accanto, la differenza è che a nessunə importa quanta tensione ci sia nel non volersi accontentare. Insomma, se sei sola, è una tua responsabilità. E, in base al tuo umore, sarai definita con una delle due parole che iniziamo con “z”.

I sentimenti non possono essere inquadrati come perfomance, men che meno in termini di risultato. Alcuni sono più complessi di quel che sembra e, se non commetti qualche passo falso, ti si atrofizza qualcosa dentro. Perché consideriamo gli affetti dei successi limitati? Potenzialmente incontreremo versioni ibride di Daniel e Mark (e Rebecca), vivremo per anni nell’ambiguità dei non detti e faremo il primo passo con unə sconosciutə senza avere niente da perdere. Dedicheremo attenzioni a chi non vorrà mai essere investito («Sto ancora cercando qualcuno più straordinario di te» parafrasando Daniel), ignoreremo chi investirebbe tutte le sue energie (plot twist di Rebecca). Mark — che pure ha accumulato dalla sua un paio di red flag — le dice proprio quello che vorremmo sentirci dire a Capodanno: mi piaci così come sei. Con i tuoi modi ridicoli, i tuoi disastri familiari, la tua emorragia verbale.

Cosa abbiamo in comune? Pur senza voler mettere radici, meritiamo un’agenda nuova e un lieto fine per alleviare il peso delle nostre macerie.

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Sara C. Santoriello

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